Teatro contemporaneo

di Alice Capitanio
con Valentina Podda (Cosplayer)
e gli studenti della Scuola di arte drammatica:
Federica Demontis, Stefania Perra, Federico Piras, Ludovica Riccardi

 

Sappiamo ancora congedarci e dire addio?

Siamo davvero all’altezza della nostra frenesia di cambiare orizzonte e cielo e terra, di uscire dagli schemi?

Saltare fuori dalla routine dei nostri schemi comportamentali? Rischiare tutto quel che abbiamo per inseguire la nostra indole, i nostri ideali e sogni, e la voce interiore della nostra essenza?

Dopo sette anni Ulisse abbandona una vita perfetta: immortale, amato e al sicuro, per tornare all’incertezza del viaggio verso una Itaca che esiste solo nella sua mente. Scelta coraggiosa che interroga le nostre coscienze sul senso del coraggio. Uscire dalle nostre abitudini ci espone all’insolito, al rischio, e in ogni caso alla morte. Potremmo scoprire che un diverso cielo si stende sulla terra, ma potremmo anche veder crollare la volta celeste sulla nostra testa.

Per non fermarsi, per essere coerenti con la propria essenza, ci vuole coraggio.

Altrimenti il viaggio muore durante il viaggio, e la vita si spegne durante la vita, arrestata in una tappa infinita.

In una ripetizione infinita.

In Giappone, il secondo principio del Bushido (codice dei samurai) è chiamato Yu, l’Eroico Coraggio, e recita così.

Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L’eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

Nel nostro tempo questa idea di coraggio non gode, in termini generali, di troppa considerazione, perché confuso troppo spesso con l’idea di eroismo. Ciò che più sembra contare oggi è piuttosto l’idea di sicurezza.

Non rischiare, non fare mosse azzardate. Rimanere in una posizione di comfort, non esporci, non parlare agli estranei, stare attenti e vigili, sospettosi del prossimo. Restare al sicuro e non correre rischi non necessari.

Ma riconoscere alla stabilità e alla sicurezza personale un’importanza eccessiva induce a condurre un’esistenza improntata al mantenimento, piuttosto che allo sviluppo attivo della coscienza.

In questa installazione il coraggioso Ulisse è l’uomo che segue il suo io interiore, e persegue il suo obiettivo assumendo un ruolo di assoluta responsabilità nelle proprie scelte e nelle proprie azioni.

Calipso rappresenta invece la condizione in cui l’uomo non si espone, adottando un atteggiamento passivo. Calipso è un lavoro sicuro ma che non soddisfa, è una relazione che va avanti da anni, ma in cui l’amore e la passione son svaniti da tempo. Restare sull’isola di Calipso significa seguire il flusso degli eventi, anziché cercare di assumere la responsabilità della propria vita e determinarne il corso.

Scegliere tra questi due archetipi significa vivere la propria natura affrontando con il coraggio del Samurai tutte quelle paure che trattengono dall’esprimersi compiutamente e dall’affermare la propria personalità in modo assoluto. E il Coraggio va inteso come l’abilità di affrontare la paura del fallimento. La paura del rifiuto. La paura di essere umiliati. La paura di restare soli. La paura di non farcela. La paura di non riuscire a ritornare a Itaca.

Tutti noi abbiamo queste paure, nessuno escluso. Ciò che ci differenzia, però, è la volontà di riconoscerle, accettarle e affrontarle. Ignorarle, rifiutarle, o semplicemente negarle ci mantiene al sicuro sull’isola di Calipso, in una condizione di torpore della coscienza, infelice e ripetitiva.

E rinunciando a diventare dei coraggiosi Ulisse, non realizzeremo mai i nostri sogni.

“Il coraggio di immaginare alternative è la nostra più grande risorsa, capace di aggiungere colore e suspense a tutta la nostra vita” Daniel J. Boorstin

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